Non solo Cantù
Questo marchio sinonimo di radiche formose lavorate a mano, quasi la risposta tricolore alla creatività artigianale scandinava, è relativamente giovane… eppure sembra esistere da intere generazioni, tante sono le costole nate dal suo sofferto vissuto.
Scaturita dall’ingegno e la passione di tre amici (Giancarlo Guidi, Alberto Montini e Giannino Spadoni, separatisi dopo pochi anni di fervida collaborazione), la Mastro de Paja ha dapprima rappresentato una timida alternativa allo strapotere manifatturiero brianzolo, per diventare in brevissimo tempo la nave-guida della cosiddetta scuola pesarese, che vanta nomi illustrissimi nel panorama pipario italiano: Ser Jacopo, Fiamma di Re, Il Ceppo, Don Carlos, Le Nuvole, L’Anatra dalle Uova d’Oro, solo per citarne alcuni.
Questo fenomeno è il risultato di un’alchimia probabilmente più fortuita che programmata, una somma di circostanze per cui l’oggetto-pipa è risalito in auge proprio in quel periodo, all’inizio degli anni ’80, favorito dalla spinta di personaggi pubblici popolari e amati, come Sandro Pertini, Luciano Lama, Enzo Bearzot, Gianni Brera, che ancora oggi vengono accostati nell’immaginario collettivo alla pipa, possibilmente corposa e appariscente, proprio come i “ciocchi” che hanno determinato il successo di Mastro de Paja. A completare l’opera hanno pensato due segni distintivi immediati e inequivocabili: il puntone d’argento incastonato sul bocchino e un sole stilizzato inciso sul cannello.
Posso ipotizzare lo stupore dei vari Rossi, Savinelli e Buzzi (Brebbia) nel constatare che in Italia le pipe si potevano produrre al di sotto del Po, ma uno stupore ancor più grande avrà pervaso Carlo Scotti (fondatore della Castello), che si ritrovava di punto in bianco una concorrenza temibile quanto diretta: se le prime tre ditte citate effettuavano una lavorazione industriale, la sua costituiva invece il vanto lombardo dell’hand-made, permettendosi di conseguenza prezzi da capogiro… ma questi marchigiani avevano radiche di pari qualità, design personali e accattivanti, e soprattutto prezzi accessibili a un vasto pubblico.
Non ho qui la pretesa di fare la storia del marchio, per la quale rimando alle numerose e più titolate fonti reperibili in rete, ma solo di rendere il giusto omaggio a un nome che col passare del tempo ha forse perso un po’ di smalto, ma che per me ha significato la prima “vera” pipa.
E sono sicuro di essere in buona compagnia.