Maigret va a sgranchirsi le gambe sul marciapiede, carica un’altra volta la pipa. Da quando hanno lasciato Parigi ha fumato tanto che ora l’aria dello scompartimento si taglia col coltello.
Maigret, che si è appena acceso la pipa, si rabbuia, perché non gli piace sentirsi goffo. Ce l’ha con la propria inadeguatezza di uomo di terraferma, sempre spaventato o meravigliato da tutto ciò che riguarda il mare.

Ferenc Pintér, illustratore e alchimista d’innumerevoli copertine per Mondadori.
Il suo Maigret lascia il segno nel mondo del giallo, tanto da restare nell’iconografia al pari di quello di Gino Cervi.
Vi era in lui, in quell’atteggiamento, un che di bestiale. Aveva acceso la grossa pipa e la fumava a lente boccate. E le sue dita enormi maneggiavano apparentemente senza il minimo rispetto le cose che trovavano via via.
Maigret caricava la pipa, allungò la borsa del tabacco agli astanti. Il capitano Delcourt preferì una sigaretta. Ma il capoguardiano, arrossendo, si mise una presa di tabacco in bocca e balbettò: “Lei permette?”.
Maigret aveva assunto la sua espressione più cocciuta. Camminava adagio, con le mani in tasca e la pipa tra i denti. Ed era una pipa perfettamente proporzionata alla sua faccia larga e massiccia: conteneva quasi un quarto di pacchetto di trinciato.
“E se cambiassimo argomento?” propose la signora Grandmaison con un amabile sorriso. “Un pasticcino, commissario?…No davvero?… Non le piacciono i dolci?…”.
“Permettete… Davo andare a occuparmi di certi dettagli…”.
Non cercarono di trattenerlo perché, tutto sommato, non gradivano la sua presenza più di quanto lui stesso gradisse tovarsi in quella casa. Una volta all’aperto, Maigret caricò la pipa e camminò lentamente verso il porto. Ormai lo riconoscevano.
Il caffè era così male illuminato che si intravedevano appena, attraverso il fumo, i giocatori di domino. Una grossa stufa rendeva l’aria ancor più irrespirabile. Fuori era quasi buio, e la nebbia conferiva all’oscurità un che di inquietante e di malsano. La sirena continuava a ululare. La pipa di Maigret sfrigolava.
Maigret allungò la borsa del tabacco al suo vicino, che, riempitasi la pipa, la passò a un altro. Allora risuonò una voce, quella di Delcourt.
“E non fosse finita?…”.
Maigret scosse la cenere della pipa e si abbottonò il cappotto.
Allo spuntare del giorno, Maigret, con passo stanco, il cappotto zuppo di umidità e la gola secca per il troppo fumare, tornò all’Hotel de l’Univers.
“Permette?…”.
Il commissario tirò fuori di tasca la pipa.
“Se vuole un sigaro, ce ne sono sul caminetto”.
Allora non esitò più. Attraversò il giardino, suono alla porta. La domestica venne ad aprirgli quasi subito.
“Credo di aver dimenticato la pipa nello studio del signor sindaco…”.
“Vado a vedere”.
E il sindaco, osservando con irritazione la domestica che continuava a cercare la pipa, sbottò:
“Vede bene che qui non c’è!… Dica al commissario che l’avrà lasciata da un’altra parte!… A lei, Louis…”.
Maigret – Il porto delle Nebbie. Georges Simenon (Autore), F. Ascari (Traduttore), Gli Adelphi (editori) – Compra su Amazon